C’è chi insegna / guidando gli altri come cavalli / passo per passo: / forse c’è chi si sente soddisfatto / così guidato. C’è chi insegna lodando / quanto trova di buono e divertendo: / c’è pure chi si sente soddisfatto / essendo incoraggiato. C’è pure chi educa, / senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, / aperto ad ogni sviluppo / ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, / sognando gli altri come ora non sono: / ciascuno cresce solo se sognato.
Non sono distanti queste parole di Danilo Dolci (sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza) da quelle del “sogno di mezza estate” che agitava gli animi di Mons. Ciardi e dei responsabili della Gioventù di Azione Cattolica nel 1955, quando di lì a poco si sarebbero vincolati con un voto, deponendo nelle mani della Vergine le loro attività e le loro fatiche fino alla realizzazione di una casa per i giovani della diocesi di San Miniato. Da quel sogno, da quella passione educativa, il pellegrinare delle esperienze dei campi scuola estivi sulla montagna pistoiese fin dal 1949, trovò sosta e pose le fondamenta “sulla strada forestale che da Gavinana porta a Pian dei Termini, dominando tutta la valle che dal Monte Oppio si stende fino alle prime rampe dell’Abetone”. Con queste parole Mons. Ciardi così descriveva il luogo della fondazione della Casa dell’Adolescente, avvenuta il 30 agosto di 60 anni fa, “un sogno e un voto che, grazie a Dio, si sono tradotti in realtà per il bene educativo e formativo della gioventù della diocesi”. Di passione educativa si è parlato sabato 14 settembre a Gavinana, e possiamo dire che questa è la cifra di sessanta anni di impegno dell’AC accanto ai ragazzi, ai giovani e agli adulti. Non c’è solo una geografia dei luoghi, ma potremmo dire – parafrasando le parole dell’assistente nazionale dell’ACR don Marco Ghiazza – c’è soprattutto una geografia del cuore. Un luogo segna indelebilmente l’esperienza quando esso – attraverso le persone incontrate e un’esperienza vivificante – tocca il cuore, ti fa sentire accolto, atteso, valorizzato, amato. Questa per molti l’esperienza di Gavinana, la cui parola – oltre che a delle coordinate che ormai i moderni navigatori collocano poco sopra il 44° parallelo – rimanda ad un luogo di rivelazione, ad un luogo dove da 60 anni sulla terra “si può aprire il cielo” e chi vi sosta può sentirsi a casa, gustando quella gioia che la semplicità e la profondità delle relazioni regalano. Con gioia abbiamo accolto circa 240 persone, i ragazzi, i loro genitori, i giovani, i molti adulti (ex giovani degli ultimi decenni con le loro famiglie e i bambini piccoli), gli anziani, che hanno voluto far festa intorno al vescovo, ai sacerdoti assistenti e ad altri sacerdoti amici, per questo dono grande che il Signore ha concesso alla diocesi di San Miniato. Molte le emozioni ed i ricordi, ma l’invito per tutti è stato quello di non fermarsi alla superficie di tali sentimenti, ma considerare come questa storia lunga sessanta anni sia il frutto di una vera e propria passione educativa, la quale richiede di sempre convertirsi e tornare alla fonte del messaggio cristiano, che ci parla di offerta, di dono, di responsabilità, per una chiamata alla piena maturità dell’uomo nella libertà. Sempre don Marco, nella sua relazione, ci ricordava queste parole cruciali della liturgia eucaristica: “Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane … prese il vino …”. Chi sceglie di educare secondo lo stile del Maestro non sceglie la strada della seduzione, del personalismo, del tornaconto, del consenso, del tutto e subito, del sensazionalismo. Ma ama, ancor prima di porre in essere la sua opera, le persone a lui affidate, riconoscendosi lui per primo bisognoso dell’altro. Ecco che allora accogliendo l’altro, i suoi tempi, la sua storia, si può educare nella libertà e alla libertà, arrivando a sognarlo come ancora non è, ma proprio perché sognato messo nelle condizioni di sviluppare appieno le proprie potenzialità. Con gli strumenti e i mezzi con i quali il Signore ogni giorno sfama la nostra sete di vita e pienezza: il pane (la semplicità, l’essenzialità, la compagnia) e il vino (che rimanda al dono gratuito e alla gioia). È l’esperienza che ha accompagnato molti di coloro che sono tornati a Gavinana sabato scorso per fare memoria di ciò. Accanto a questa memoria grata possiamo mettere un atteggiamento che il Vescovo ha ben sottolineato: la capacità di guardare con occhi nuovi alla realtà. Da Gavinana, da un’esperienza di vicinanza con il Signore e di fraternità con gli altri (potremmo dire, da un’esperienza di Chiesa) si vede meglio anche la nostra vita. Non solo perché Gavinana è posta in alto, ma perché distaccandosi un po’ dalla nostra ordinarietà che spesso può opprimerci o affaticarci, meglio possiamo comprenderla e comprendere noi stessi, per tornare ad essa rinnovati nel cuore e nelle opere.
Breve cronaca di un compleanno speciale
Per gli amanti della cronaca, un autobus è partito di buon ora per raggiungere i molti che sono saliti a Gavinana con i mezzi propri e dalle 9,30 la Casa, già pronta e agghindata per la festa, si è animata di voci festanti, saluti di persone che da tempo non si incontravano, foto da scattare, gruppi di ragazzi che si alternavano ai giochi. Il saluto del presidente diocesano ha introdotto la relazione di don Marco Ghiazza “La passione educativa dell’AC” alla quale è seguita la Santa Messa presieduta dal Vescovo. Un ottimo pranzo a buffet ha permesso di ritemprarsi al fresco del parco intorno alla casa. Nel pomeriggio è stato proiettato un video di foto e testimonianze
e a seguire un momento di festa contraddistinto da una prima fase di canti e testimonianze storiche a partire dalle parole dei Papi e dei principali esponenti dell’AC. Per concludere con un appassionato e divertente mix di canzoni proposto dal gruppo degli educatori e dei giovanissimi, i quali tra l’altro animeranno anche la prossima giornata regionale dell’ACR. Ancora auguri Casa dell’Adolescente di Gavinana e grazie per essere stata per molti il luogo dove abbiamo potuto incontrare il Signore e tanti suoi amici e testimoni.
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